LA SFIDA? UNIRE L’AUTENTICITÀ AGLI INVESTIMENTI IN DIGITAL COMMUNICATION E AI

18 Settembre 2025
Le anticipazioni del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano evidenziano che le esperienze nei luoghi di produzione del vino famigliari sono le preferite dalla GenZ Usa e hanno conquistato anche i visitatori tedeschi e britannici.
Roberta Garibaldi: “Modello vincente, che va guidato attraverso l’apporto di consulenti specializzati indipendenti o già collaboratori di DMO o consorzi.”
Una delle esperienze più gratificanti per i turisti internazionali che visitano l’Italia è quella di scoprire le nostre eccellenze enogastronomiche attraverso quelle realtà più piccole, che assicurano autenticità, vicinanza a chi ne è proprietario e, quotidianamente, lavora in azienda, garantendo con il suo stesso nome la qualità che poi viene offerta al cliente finale. Questo accade in particolare nel settore del vino, caratterizzato da un’ampia diffusione all’interno del territorio italiano con oltre 240mila aziende agricole dedicate alla coltivazione dei vigneti e circa trentamila aziende vinificatrici, con una quota minoritaria (1.883) di realtà a dimensione industriale secondo i dati pubblicati da Ismea nel report “L’Italia del Vino 2025”.
Lo scenario nazionale è quindi dominato da piccole e medie realtà fortemente legate al concetto di impresa familiare. E sono proprio queste le cantine che, nel corso dei prossimi viaggi in Italia, i turisti provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania vorrebbero visitare. A evidenziarlo sono le anticipazioni del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano di Roberta Garibaldi, presidente di Aite-Associazione Italiana Turismo Enogastronomico.
In particolare, analizzando le risposte degli intervistati provenienti da tre delle nazioni più importanti per il nostro turismo, in termini di presenze e di potere di spesa, emerge che le visite alle cantine continuano a rappresentare l’esperienza più gettonata tra quelle provate nei precedenti viaggi in Italia (ultimi tre anni), con una percentuale più elevata nel caso dei visitatori provenienti dagli Usa (22%) e leggermente inferiore per quelli che arrivano dalla Germania (17%) e dal Regno Unito (18%). Ed è ancor più significativo il fatto che, per i propri viaggi futuri, le visite ai luoghi di produzione siano presenti nell’agenda del 78% dei turisti statunitensi, del 74% di quelli britannici e del 61% di quelli tedeschi, con le cantine sempre in posizione dominante: i luoghi di produzione del vino sono stati indicati, infatti, come obiettivo per i prossimi viaggi dal 30% dei tedeschi, dal 36% dei britannici e dal 42% degli americani. Le cantine superano quindi gli altri luoghi di produzione di specialità enogastronomiche italiane e si piazzano in vetta davanti ai frantoi e le aziende olivicole, con i caseifici in terza posizione.
Per quanto riguarda invece la visita alle cantine di proprietà e gestione familiare, questa particolare categoria suscita un interesse massimo tra i turisti di origine statunitense, che raggiungono il picco del 68% di risposte affermative, davanti a quelli di origine britannica (57%) e tedesca (49%). Ed è ancor più interessante il dato analizzato su base anagrafica.
Sono infatti gli esponenti della GenZ statunitense a esprimere il massimo interesse verso le aziende vitivinicole di proprietà familiare, arrivando a una percentuale dell’82% contro il 67% dei giovanissimi viaggiatori di origine britannica e al più modesto 33% dei tedeschi.
Tra questi ultimi, l’interesse verso le cantine familiari cresce con l’aumento dell’età, raggiungendo il picco massimo con la GenX (45-54 anni), mentre tra i britannici è la generazione dei Millennials a esprimere la più alta volontà di visitare questa tipologia di cantina, toccando il 78% nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
“Entrare in una cantina familiare – afferma Roberta Garibaldi – è una delle esperienze enogastronomiche più gradite dai turisti internazionali. I dati del Rapporto evidenziano che superano, per gradimento, le visite alle aziende dei brand più conosciuti e sono precedute soltanto dalla scoperta delle dimore storiche italiane. A emozionare chi visita il nostro Paese è il fatto di essere accolti direttamente dalla proprietà, che poi gestisce in toto o in parte le visite guidate, con il necessario supporto di figure professionali specializzate nell’incoming. Questo valore aggiunto assicurato dall’autenticità deve essere accompagnato dai necessari investimenti in comunicazione digitale, promozione multicanale e dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale per acquisire visibilità nella rete ed entrare così non solo all’interno dei pacchetti dei tour operator di riferimento nei Paesi di origine dei turisti internazionali, ma anche nei radar dei turisti stessi che si creano autonomamente il proprio viaggio in Italia”.
In particolare, precisa Garibaldi, le aziende familiari dovrebbero prendere in considerazione l’idea di affidarsi a una delle figure-chiave individuate nel Libro bianco sulle professioni del turismo enogastronomico, documento strategico che è il frutto di un’azione congiunta di Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, UnionCamere, Associazione Nazionale Città dell’Olio, Associazione Nazionale Città del Vino, CNA Turismo e Commercio, Coldiretti, Confartigianato Turismo, Consulta Nazionale Distretti del Cibo, Federazione Nazionale delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori e Unione Italiana Vini.
Si tratta del consulente di turismo enogastronomico ed è un professionista indipendente o un collaboratore di DMO-STRADE-GAL-CONSORZI che può essere importante nel supportare le imprese nella strutturazione dell’esperienza e nella gestione di tutte le fasi del processo turistico, dal CRM al revenue management alla vendita multicanale. Collaborando con l’impresa familiare, potrà offrire la propria consulenza per ottimizzare il processo a chiamata.
Roberta Garibaldi






